VOCI SENZA FRONTIERE
IL PERCHE' DI UNA PROPOSTA E DI UNA SCELTA
Il perché di uno spazio e di un tempo di “visione” vuole essere una scelta di cultura, di conoscenza, di confronto e di dibattito sul versante dei linguaggi e dei mezzi di comunicazione che sono anche una parte consistente del faticoso ma necessario cammino di consapevolezza.
Ecco perché i film delle registe (e non solo) e gli incontri di riflessione dopo le proiezioni. Abbiamo operato una scelta tra le tantissime possibili (per contenuti, aspetti formali, appartenenze culturali, orientamenti estetici e quant’altro) e l’abbiamo proposta con un titolo simbolico “Voci senza frontiere”. Abbiamo scelto tre registe e un cineasta iraniano di grande sensibilità per noi significativi per la forte soggettività che segna il loro lavoro e perché abbiamo ritenuto di interesse culturale e politico mostrare cio’ che accade nel vasto e differente sistema globale, dalle diverse facce e culture attraverso narrazioni ed immaginari.
Da qui la scelta di Mi piace lavorare (Mobbing) della regista italiana Francesca Comencini. Ci piaceva partire da uno sguardo italiano sullo scenario del lavoro in cambiamento e sul tema molto attuale (purtroppo!) del Mobbing sul luogo di lavoro.
Abbiamo voluto insistere su un altro sguardo italiano, quello di Francesca Archibugi e del suo ultimo film Lezioni di volo, che affronta molti temi contemporaneamente, quali la formazione degli adolescenti, la solitudine e la crisi d'identità dei trentenni, le incomprensioni tra genitori e figli, il viaggio come fuga e ricerca di sè stessi.
Il cerchio, la proposta straordinaria e struggente di Jafar Panahi costituisce uno sguardo stavolta maschile sulla condizione femminile nella vita di un paese che regola il suo funzionamento, in modo capillare, secondo norme, leggi, abitudini legate ad un sistema teocratico islamico. Con prudenza e sincerità intellettuali Panahi se ne tiene ai margini: per molti e diversi motivi la donna non gode di vita più tranquilla e sicura negli altri paesi del cosiddetto Occidente. A modo suo, l'Islam tutela la donna con valutazioni etiche, religiose e sociali del tutto diverse dalle nostre.
Abbiamo scelto di chiudere con l’ultima fatica della regista indiana Mira Nair, Il destino nel nome (The Namesake): una storia di integrazione di immigrati indiani ambientata nell’America di oggi, di cui è protagonista Gogol, un ragazzo che frequentando una ricca ragazza bianca inizia a rifiutare le tradizioni dei suoi genitori e la sua identità, anche se il destino resta in un certo senso “in agguato”.
Abbiamo ritenuto urgente poter prendere la parola ed agire rispetto al sistema di comunicazione, ai linguaggi e ai messaggi sulla cultura di genere, sulle problematiche più attuali, sulle profonde differenze, sul sè: anzi riteniamo che in questo breve percorso portare l’attenzione sui modi e sulle idee delle donne sia stato un primo ed importante motore di ricerca che ci piacerebbe tenere costantemente acceso.
MIPIACELAVORARE
Una cosa molto importante è che adesso si parla del mobbing cosi apertamente.
Il film ”Mi piace lavorare” era intenso. Una donna, amichevole, aperta, diligente, che ama il suo lavoro, che è una buona madre, è stata totalmente immersa in un intrigo.
Il film è uno sguardo triste del mondo di oggi, sui rapporti interpersonali, il mondo pieno di atteggiamenti conformisti, ma anche uno sguardo di una donna: una madre, una collega, una persona che ama la vita.
Il film è una grande lezione. Uno sguardo sull’umanità: ”C’è ancora lo spazio per l’amicizia nel mondo del lavoro oggi”? Voglio credere di si. Voglio dire a tutte donne che si trovano in situazioni di mobbing che per combatterlo ci sono istituzioni, ci sono persone competenti che possono aiutare.
Mobbing è un crimine!
Con la parola inglese “MOBBING” si suole indicare una pratica applicata nel mondo del lavoro, consistente in abusi psicologici impartiti ad un lavoratore; può essere tradotta con espressioni come: vessazioni, angherie, persecuzione (sul posto di lavoro) o anche ostracizzazione.